Vittoria ha la pelle bianchissima e la capigliatura folta. Alta, tonica, di fianchi larghi ma non troppo sensuale, perché il seno, per quanto modellato bene, non è prominente. Il viso, su cui spiccano dei grandi occhi azzurri, ha la forma di un ovale perfetto che si assottiglia verso il mento, un ovale su cui non stonano né gli zigomi né la mandibola, nascosti dalla bellezza della pelle, appena rosata sulle gote. Tutto questo la rende una donna attraente e desiderabile. Una parte di tale perfezione è opera della natura, ma il resto è opera sua e se la conquista ogni giorno, impedendo al sole di sfiorare un solo millimetro di epidermide, mangiando meno del suo appetito e indossando un rigoroso corsetto modellante che le assottiglia la vita. Sopporta con piacere questi piccoli sacrifici perchè la rendono splendente e, ovunque vada, gli sguardi si convertono in trionfo. Lavora in una residenza per anziani, un ambiente in maggioranza femminile, pieno di rivalità , ma non permette a nessuna collega, giovane o veterana, di pestarle i piedi. Vittoria fa il suo lavoro senza vocazione, di mala voglia, ma la sua è una residenza di livello, che dovrebbe privilegiare il contatto umano con gente che fa i conti con le miserie della fisiologia e dell'età . Affronta questi momenti con un misto di cinismo e indifferenza che tende ogni giorno di più all'ironia e al disprezzo. La maggioranza dei residenti si avvicina ai novanta e quei corpi flaccidi, rinsecchiti, anchilosati la esasperano. Ma sono soprattutto le macchie della pelle, la perdita di capelli e la peluria diradata a farle scattare qualcosa. Vittoria pensa allora al suo abbondante vello pubico, che profuma e pettina ogni giorno, come una seconda capigliatura, ma soprattutto pensa alla sua pelle bianca come il latte, compatta, senza un segno né una macchia dalla testa ai piedi.
David Monteagudo, Hoy he dejado la fΓ brica (trad. personale)