sabato 6 ottobre 2018

Diario Notturno 417

Dato il numero infinito di punti di vista da cui la si può osservare, non è insensato ammettere che la realtà viene percepita come apparenza. Filosofia, sociologia e psicologia lo accettano da tempo, solo la scienza cerca ancora il principio ultimo delle cose, nonostante il suo sapere avanzi per approssimazioni e progredisca rimpiazzando quello che era esatto. Ma si può veramente comprimere una legge di natura in una formula di poche lettere e numeri quando ogni astrazione è una semplificazione, un impoverimento del reale? Le definizioni simboliche hanno valore convenzionale e non accerteranno mai gli sviluppi di un fenomeno. Per questo le leggi della fisica hanno orrore dell'instabilità, perché quando ci si allontana da un sistema in equilibrio viene meno la simmetria, si entra nel probabilismo, si ha l'impressione che una coscienza riflessiva abbia per oggetto una coscienza irriflessiva. 
L'impossibilità di trascurare l'entropia e la difficoltà ad accettare che il caso faccia parte della realtà, rende gli scienziati nervosi. Se la misurazione della luce nel vuoto è stato l'apogeo dell'universo determinista sono la musica sinfonica con le sue fughe e i suoi adagi o la calma che fa seguito a una tempesta improvvisa, i modelli più vicini all'imprevedibilità e all'indeterminazione, all'armonia che nasce dal caos.
Pensavo questo stamattina mentre osservavo una compressa di aspirina volteggiare nell'acqua e sparire sprigionando delle bollicine. Una distanza enorme tra le stelle è la condizione primaria della meccanica celeste, perché se diminuisse lo spazio che le separa, le loro energie colliderebbero. L'attrazione aumenta quanto più gli elementi sono prossimi al contatto e tende ad azzerarsi dopo che hanno interagito. Solo allora arriva la quiete, l'equilibrio, l'inerzia e la totale estraneità. È così per la chimica, l'astrofisica e le faccende di cuore.


Artwork by Vincent van Gogh ~ Starry Night Over the Rhône