Un poeta legge le sue poesie a dei ciechi.
Non pensava fosse così difficile.
La sua voce si confonde,
Le mani gli tremano.
Sente come ogni frase
è sottoposta alla prova delle tenebre.
La poesia deve cavarsela da sola,
senza luci, senza colori.
Esperienza pericolosa per le stelle, nei suoi versi,
per l'alba, l'arcobaleno, l'inconsistenza delle nubi,
la luce dei neon, il chiaro di luna
lo scintillìo argentato del pesce nell'acqua,
per il volo silenzioso dell'aquila sulle cime.
Il poeta legge - ormai è troppo tardi per smettere -
di un bambino dal maglione giallo in un prato verde,
degli innumerevoli tetti rossi in fondo alla valle,
del tourbillon dei numeri sulle maglie dei giocatori,
di una donna infinitamente nuda dalla fessura d'una porta.
Vorrebbe proprio tacere - ma è impossibile -
dei santi allineati sul portico della cattedrale,
dei gesti d'addio dal finestrino d'un treno,
delle lenti d'un microscopio, del luccichìo d'un anello,
del cinema, degli specchi, dei ritratti nell'album.
Ma i ciechi sono pieni di gentilezza
di tatto e d'indulgenza.
Ascoltano, sorridono e applaudono.
C'è perfino chi s'avvicina al poeta
tendendo un libro aperto al contrario
per chiedergli un autografo invisibile.
(Traduzione personale dal Francese)
▒⡷▒⡷░𝐂░𝐎░𝐍░𝐓░𝐄░𝐌░𝐏░𝐎░𝐑░𝐀░𝐑░𝐘░ ░𝐀░𝐑░𝐓░ ░𝐅░𝐎░𝐑░ ░𝐘░𝐎░𝐔░𝐑░ ░𝐃░𝐀░𝐈░𝐋░𝐘░ ░𝐈░𝐍░𝐒░𝐏░𝐈░𝐑░𝐀░𝐓░𝐈░𝐎░𝐍░⢾▒⢾▒
mercoledì 9 novembre 2011
martedì 8 novembre 2011
Diario Notturno 71
Quando si esprime un'opinione su una persona assente, un "però" equivale a una stroncatura definitiva, mentre un "ma forse" è già una bocciatura più raffinata. Chi vi teme, o in qualche maniera vi rispetta, userà un "eppure". Ma solo chi è dotato di una perfidia sottile, ricorrerà a un "benchè" o a un "per quanto."
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