giovedì 3 maggio 2012

Diario Notturno 146

I genocidi e le torture a cui la storia ci ha abituato non sono niente se paragonati ai racconti che ci farebbe chi li ha subiti se solo potesse ritornare. E sarebbero ancor meno rispetto a quanto ci ha mostrato l'autore della "Commedia" nella sua discesa agli inferi ricordandoci che lΓ  nessuna espiazione conta e l'imperdonabile resta imperdonabile perfino in chi incarna il perdono. Ma in un luogo senza uscita e di cui nessuno Γ¨ testimone, dove il dolore dopo aver raggiunto il limite lo supera, forse quei lamenti gioverebbero a qualcuno?
Solo un solitario, un eterno esiliato, poteva concepire un poema fatto di anime agonizzanti. Nella sua opera Γ¨ l'aldilΓ  che per esistere si fa dantesco, che si sdoppia e si mostra come l'immagine nello specchio che la riflette. Proprio per l'onnipresenza, per essere lui stesso ogni creatura di quel mondo, tutte le volte che lo leggiamo, ci sembra piΓΉ facile immaginare l'uomo senza Dio che Dio senza Dante.